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Pola.Child (Free)

Dodici polaroid raccontano la mia non maternità autodeterminata.

Scelgo di non, ma esisto con la stessa rappresentanza.


Pola.Child(Free) nasce dall’esigenza di portare a termine un breve saggio sulla questione sociale Child-free, intervistare gruppi di supporto di una comunità sempre più popolata, analizzare le statistiche più rilevanti e le testimonianze più nette e quelle più morbide, in cui motivazioni, scelte e percorsi c’entrano molto, ma serve soprattutto prendere in considerazione una realtà che si posiziona direttamente alla sedia opposta della retorica della famiglia tradizionale.


Ci sono infiniti modi di diventare adulti e costruire la propria vita, nessuno giusto e nessuno sbagliato. Questo revanchismo reazionario e conservatore che ci ha rigettato, come con una fionda ben carica, a dover rimettere in discussione diritti acquisiti per legge, per lo più ha sempre riso in faccia a chi, Child free lo era anche prima che la definizione fosse coniata.

 

Una straordinaria tragedia dell’esistenza umana è che davvero tutto può cambiare nella vita, nel giro di un istante, perciò in modo scientifico ho seguito il mio istinto e deciso che non avrei mai detto ‘per sempre’ e mai detto ‘mai’. Avere un figlio significa credere in un gigantesco ‘per sempre’, ricoprire un ruolo che non ha né libretto di istruzioni né data di scadenza. È una scelta legittima e, se pensata e voluta una splendida avventura.

 

Questo però non è l’unico modo possibile di essere generose, di essere amorevoli, affettuose, creare legami di valore e famiglie un po’ più complesse e perciò anche arricchenti delle altre.

 

La confusione assoluta su come gestire ruoli e aspettative sociali dopo che la famiglia patriarcale è giustamente crollata per far spazio a tentativi diversi di essere e fare famiglia, ha riportato le generazioni più giovani a cercare una stabilità altamente tossica, perché nel contemporaneo ricompone gli stessi schemi abusanti, misogini, soffocanti e desueti oltre che medievali dei Pater Familias.

 

Se dovessimo commentare la violenza e la sopraffazione che dipingono la vittoria di Trump, il corpo della donna è certamente il fulcro di questo fight club per ominicchi incel che si divertono a tormentare le donne che, per sfortuna di queste ultime, incrociano su internet. Trump ha vinto e i giovani seguaci creano magliette addirittura per ribadire quale sia l’atteggiamento dei prossimi quattro anni: «Your body, my choice», storpiando il famoso mantra femminista «sul mio corpo decido io».

 

Sulla nostra pelle vogliono decidere loro e il modo più efficace per colpire una donna è screditarla nel momento in cui non aderisce a quello stereotipo che accontenta la società patriarcale capitalista. Non si sposa, non si sposa religiosamente, decide di non avere figli, vive la sua vita in pace col resto del mondo con il gusto di esistere e godersi l'esperienza di ogni giorno senza troppe certezze. Non dovrebbe essere unico a ogni essere umano questo diritto? Chi ha deciso che una vita non valga la pena di essere vissuta senza aver avuto figli?

 

Negli anni mi è stato detto che ci avrei pensato, che sarebbe arrivato quello giusto a farmi cambiare idea, terribile pensare a qualcuno che entra nel tuo intimo con il singolo scopo di convincerti a usare il tuo corpo come veicolo per fare nascere un altro essere umano contro il tuo naturale volere, alcuni ginecologi mi hanno anche suggerito di diventare madre per risolvere alcuni problemi che ho alle ovaie. Un bambino come terapia. Un bambino come riparazione, un bambino per dare senso alla propria vita, un bambino per avere meno paura di morire un giorno.

 

Tutte le decisioni che prendiamo sono più o meno comode, più o meno egoiste, più o meno nobili ma questo spettro infinito è il caleidoscopio dell’essere individui. Chi, come me, ha scelto e sceglie di non avere figli non sente una mancanza ma è privato da una mancanza. L’amore ha incredibili infinite declinazioni e stiamo capendo solo da poco quanti modi possono esistere per stare bene e trovare la serenità che il nostro cuore cerca.

 

Non c’è posto per giudizio però in un mondo in cui ciascuno sceglie. Io non sono meno donna, meno adulta o responsabile se scelgo di non riprodurmi. La mia eredità non sarà qualcuno, ma spero tanti qualcuno che si ricorderanno anche solo una piccola cosa gentile che ho fatto.

 

Nel saggio entro nello specifico di ogni tema qui affrontato, ma questo editoriale ha la precisa intenzione di suggerire cosa ha ispirato la creazione di queste immagini. Omaggio Joe Strummer e la celebre opera che presentò all’Accademia di belle arti con i tampax delle sue compagne di corso esposti in mostra, cito Il Racconto dell’ancella di Margaret Atwood, ormai più manuale politico programmatico che romanzo distopico su una femminilità totalmente schiacciata da religione e uomini, cito Mata Hari e il suo simbolico ventre, ci sono insomma tante tante influenze.

 

Tutto riporta però all’idea di poter essere, senza giudizio.



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