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Il 25 Aprile delle ipocrisie, l’antisemitismo è di nuovo in voga

  • Immagine del redattore: Mìcol Cavuoto Mei
    Mìcol Cavuoto Mei
  • 25 apr
  • Tempo di lettura: 4 min

Come ogni (aprile) anno, si preparano i cortei baldanzosi e gridati che rivendicano quel 25 aprile (del mese) di settanta anni fa che sancì la liberazione italiana dal nazifascismo.

 

Ogni anno le fazioni politiche litigano per il diritto o meno di presidiare, sfilare e celebrare, cercando di rinchiudere il significato del 25 aprile in questo o quell’altro contenitore di idee convenienti da sfruttare per il dibattito pubblico.

 

Se si limitasse a ciò, potremmo ancora sopportare un chiacchiericcio trito e svuotato di ogni significato, ma varrebbe se solo non fossimo in un periodo di massimi storici dal 1945 di attacchi antisemiti, purtroppo non solo celati dietro a una tastiera.

 

Stiamo assistendo a una caccia alle streghe che non ha precedenti nella memoria recente, un picco di ignoranza e malafede che fa di ogni ebreo un neonazista, di ogni israeliano un sostenitore di Netanyahu per associazione obbligata, di ogni difensore dell’esistenza e del diritto di Israele di esistere un fautore di genocidio del popolo palestinese.

 

Al di là dei proclami vuoti, inconsapevoli e votati a un consenso da like sui social delle varie rock star o divi hollywoodiani che un libro di storia a stento hanno mai preso in mano, esiste un odio ben radicato che rende impossibile ogni dialogo e ogni confronto: “sionista” diventa un insulto che si porta appresso tutta una serie di epiteti irripetibili, senza alcun approfondimento né l’interesse per conoscere il significato delle parole e delle intenzioni.

 

Se da una parte l’estrema destra esibisce con fierezza svastiche e rispolvera il neonazismo come fosse bere un bicchiere d’acqua, la sinistra di opposizione al governo non fa che sposare la causa pro-pal alla cieca, senza entrare nel merito di cosa significhi davvero “antifascismo”, parola della quale si riempie la bocca più spesso che non.

 

Se questa dimensione della politica da click bait del contemporaneo non risultasse abbastanza escludente già così, ogni dannato 25 aprile persino la Brigata Ebraica deve fare i conti con disapprovazioni e contestazioni per il solo fatto di esistere e occupare un posto che merita di diritto secondo la Storia con la S maiuscola, tutto il resto è menzogna. La Brigata Ebraica è la grande orfana di ogni 25 aprile.

 

«Vi furono uomini liberi che sbarcarono nell’Italia occupata e versarono il loro sangue anche per la nostra libertà. A questi caduti, provenienti da nazioni lontane, rivolgiamo un pensiero riconoscente. Il loro sangue è quello dei nostri fratelli. Tra questi non possiamo dimenticare i cinquemila volontari della Brigata Ebraica, italiani e non, giunti dalla Palestina per combattere con il loro vessillo in Toscana e in Emilia-Romagna».

Era il 2017 e il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, parlando a un evento per il 25 aprile, tenne a ricordare al paese il ruolo della Brigata Ebraica.

 

«Il dispiegamento di questa bandiera alla testa dell’unità combattente sarà un messaggio per tutto il mondo», commentò Churchill, «So benissimo che c’è già un gran numero di ebrei nelle nostre forze armate e in quelle americane ma mi è sembrato opportuno che una unità formata esclusivamente da soldati di questo popolo, che così indescrivibili tormenti ha dovuto patire per colpa dei nazisti, fosse presente come formazione a sé stante fra tutte le forze che si sono riunite per sconfiggere la Germania».

 

E così fu, essi aiutarono a sfondare la Linea Gotica e si distinsero nella liberazione di numerose città e paesi del Centro Italia. I soldati e ufficiali della Brigata ebraica, al fianco degli ebrei italiani, aiutarono a riorganizzare le comunità, a cercare notizie dei deportati, ad occuparsi dei bambini rimasti orfani.

 

“Una sequela di eventi tragici, di umiliazioni e massacri, di cattività nei ghetti e conversioni forzate, di espulsioni e rapine, di precaria paterna accondiscendenza e dileggio. Il vessillo, inerpicandosi ancora più in alto, ci ricorda la furia nazista, i milioni di morti, la speranza sfinita di un popolo annichilito.

Sono ancora presenti sulle porte del Tempio Maggiore di Roma dei sigilli di ceralacca con l’aquila e la svastica nazista, li apposero dagli sgherri della gestapo dopo la razzia e la deportazione a Portico d’Ottavia il 16 ottobre del 1943. Qualche mese dopo, nel sole d’inizio estate con il cielo terso, la bandiera con la Stella di David si dispiegò finalmente al vento, insieme agli altri drappi Alleati per entrare nella città eterna e liberarla. La Brigata Ebraica arrivò a Roma il 4 giugno del 1944 e finalmente ruppe i sigilli infami e ridiede il Tempio Maggiore alla sua gente.”

 

Eppure di questo sacrificio sembra che non corrisponda onore, che quelle migliaia di persone, italiane e non, che hanno lottato al fianco della Resistenza non sia riservato un posto al tavolo delle celebrazioni per la Liberazione sebbene l’abbiano fatta anche loro.

 

Lo spazio, fin troppo, è lasciato a dichiarazioni, slogan, accattivanti ammiccamenti a forze terroristiche che negano nei loro territori i basilari diritti umani e a donne, bambini, membri della comunità LGBTQIA+, individui dotati di libero pensiero e azione in ogni ambito, che pedestremente si uniscono a cori antisemiti perché é en vogue questa primavera farlo.

 

É un 25 aprile molto triste per me questo 2025, ripenso a mio nonno a Dachau con le toppe da resistente ed ebreo e rifletto su come si sentirebbe ad essere insultato da ragazzini inconsapevoli dopo tutti gli anni che ha regalato al nostro paese per renderlo libero.

 

Preferirò passarlo altrove il 25 aprile, a ricordare tutti i caduti che ci hanno donato la democrazia, di qualsiasi credo o partito politico essi fossero.




Fonti utilizzate per trarre gli stralci di citazioni storiche
 
 
 

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